SAI COSA HO LETTO?
“il treno dei bambini”
di Viola Ardone
La recensione di Maria Pia Parenti
Casa editrice
Einaudi
Pagine
200
Prezzo
€ 17,50
La recensione
Tra i vari libri che ho letto quest’anno, quello di Viola Ardone, “Il treno dei bambini”, si piazza al primo posto. Prestato da una amica, al quale non avevo dato molta importanza, si è rivelato una lettura commovente e appassionante.
Vuoi perché parla di bambini; vuoi perché parla dei difficili anni del Dopoguerra nei quartieri Spagnoli di una Napoli povera e degradata, invasa da topi affamati quanto i loro abitanti; vuoi perché è una storia vera, poco conosciuta, almeno dalle nuove generazioni; vuoi perché si mescolano contrastanti ma autentici sentimenti dei personaggi:
questo libro è destinato a lasciare il segno a chi lo legge. A me ha lasciato una traccia indelebile, una di quelle storie che ti rimangono dentro. Per sempre.
Napoli, anni Cinquanta. Amerigo, un bambino di sette anni, è la voce narrante del romanzo, che vive le difficili condizioni di vita di tanti bambini del Sud. Condivide una misera casa con la madre analfabeta, un padre scomparso senza lasciare tracce, e la presenza ogni tanto di un uomo che si aggira per casa e che spesso si chiude in camera da letto con la madre. È lui che lo aiuta a “faticare”, cioè a lavorare per la raccolta delle “pezze”.
Sono gli anni in cui il Partito comunista decide di organizzare una grande operazione di solidarietà: i “treni della felicità”, per mezzo dei quali bambini dai 4 ai 12 anni, provenienti da famiglie povere, vengono trasferiti e “affidati” a famiglie contadine agiate del Centro Nord. Queste si occuperanno di dare loro cibo, vestiti e di garantire una istruzione scolastica. Ma i bambini riceveranno da queste, oltre alle cose materiali, anche sincero e benevolo affetto.
Il libro è colmo di immagini di forte impatto emotivo. Una fra tutte la partenza alla stazione. Prima del viaggio i bambini vengono vestiti con indumenti nuovi, lo stesso Amerigo è felice di avere addosso delle scarpe nuove, anche se molto strette. Alla stazione si assiste a scene strazianti: le madri, preoccupate davanti ai binari, guardano i loro figli partire; i bambini che si tolgono i cappotti e glieli lanciano, perché potrebbero servire ai fratelli che restano. Come fa Amerigo, che lancia il cappotto alla propria madre per farne una giacca e proteggersi dal freddo.
Amerigo parte spaventato ma troverà una famiglia affettuosa e una casa accogliente. La madre sa che niente sarà più come prima.
Per Amerigo sarà una svolta che segnerà il suo futuro, ma tornare a Napoli sarà difficile e con la madre si aprirà uno squarcio difficile da ricucire.
Maria Pia Parenti
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