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L’Occidente e la nascita di una società planetaria

di Aldo Schiavone

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La recensione

Occidente: storie, geografie, concetti? Comunque si voglia la questione va maneggiata con cautela, coraggio e rigore scientifico. Così fa Aldo Schiavone, insigne storico dell’antichità, cimentandosi allo stesso tempo con una nuova intrapresa editoriale, per i tipi del Mulino, dallo sfidante nome Faustiana. 

L’autore rimescola le usuali linee di ragionamento portando passato, presente e futuro oltre il classico partire da per arrivare a. 

L’estenuante dimensione concettuale dell’Occidente lo costringe non a un elogio delle sue “qualità” per possibilità future, ma in una visione per un destino planetario, in linea con le suggestioni avviate dalla presente globalizzazione. 

E, faustianamente, volontà e determinazione di cambiamento trovano un equilibrio incantato nelle forme, le più diverse, che la civiltà o meglio le civiltà europee e infine nordamericana hanno forgiato fino a farle convergere, quasi per un destino indeterminato e indeterminabile colto nell’universalità di una società planetaria, come recita parte del titolo del volume. 

Sarebbe fuori strada chi pensasse a un incantamento sopra le istituzioni euroccidentali. 

Anzi Schiavone non si sottrae a una virile dichiarazione delle fragilità di un insieme complesso ed eterogeneo che proprio da terribili turbamenti ha costruito istituzioni da vedere nella loro “applicabilità” universale. 

Schiavone non richiama la fine della storia, troppo frettolosamente vista come rimedio liberal-democratico alle tensioni della Guerra fredda, ma sostiene e rivendica scientificamente la chiara impronta della modernità esplicitata dall’Occidente, come possibile inizio di una nuova fase della storia. 

Le tesi di Schiavone, oltre il raffinato fraseggio culturale, conducono a un generale ripensamento delle categorie Occidente-Resto del mondo che proprio da quelle rifrangenze trovano elementi di connessioni e innovazioni provenienti dalle società (il pensiero va obbligatoriamente a Fernand Braudel), avvalorando con forza quello che Luca Luigi Cavalli Sforza chiamava il “vigore degli ibridi”.

Recensione a cura di Franco Fatigati

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