Un’inviata di guerra sa riconoscere il nemico, non lo sottovaluta. Prova quasi a capirlo, come Francesca Mannocchi ha tentato nei due libri precedenti. Questa volta il nemico è dentro di lei, impersonificato da una malattia che costringe inevitabilmente a rivedere alcune priorità. A domandarsi sul proprio ruolo di figlia, moglie e madre. A giocare con la paura di non farcela, a immaginare un futuro dove potresti non esserci o, se ci sarai, potresti non essere più te stessa.

Ma la grandezza di questo scritto sta proprio in una rara capacità di reagire, nell’affermare con forza il desiderio di non subire ma di far propria una quotidianità che, comunque, appartiene sempre a te. La seconda singolare è volutamente utilizzata perché è solo un caso che la protagonista sia Francesca. Un libro personale che parla a tutti perché riguarda ciascuno di noi, poco importa che quella della malattia sia un’esperienza che ti riguarda o no. Questo libro è intimità e cosa comune, infatti. Questo libro è ricordo e progettualità allo stesso tempo. Questo libro, soprattutto, è malattia e vita. Questo libro è necessario. Per tutti.       

• Francesca Mannocchi, autrice