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Privatocrazia - Perchè privatizzare è un rischio per lo Stato democratico

di Chiara Cordelli

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La recensione

“Viviamo nell’era dello Stato privatizzato, o forse meglio dire in una privatocrazia – il privato diventa co-responsabile e co-amministratore della cosa pubblica. Una domanda allora si impone: può questo nuovo modello di Stato governare in modo legittimo?”

Chiara Cordelli, filosofa, professoressa associata presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Chicago (Il suo primo libro, The Privatized State, Princeton University Press, 2020, ha ricevuto nel 2021 il premio come miglior primo libro di filosofia politica dall’European Consortium for Political Research) nel suo ultimo saggio suggerisce un cambio di prospettiva: bisogna pensare alla privatizzazione come ad un problema fondamentalmente politico e filosofico. “Privatocrazia” non è una polemica fine a se stessa ma si tratta di concepire un modo nuovo di gestire collettivamente la cosa pubblica.

I confini tra il pubblico e il privato sono sempre più indefiniti e il ruolo dello Stato moderno negli ultimi anni è cambiato profondamente e ha subito radicali trasformazioni nel modo di governare e amministrare: lo Stato dirige ma è il privato che spesso gestisce.

Se prima governare significava spendere e amministrare direttamente, ora sempre più spesso equivale a coordinare e incentivare una serie di attori privati sfruttandone le capacità organizzative e l’autonomia decisionale. Per decenni i governi di tutto il mondo hanno promesso una maggiore efficienza rivolgendosi a società private per fornire beni pubblici, quali la sanità, l’istruzione e i trasporti. Tragicamente, la pandemia di Covid-19 ha messo in luce l’inefficienza e l’ingiustizia di molti sistemi privatizzati. In Italia, in particolare, sono emersi i limiti della privatizzazione della sanità; prima ancora, dell’istruzione.

La tesi del libro è che la privatizzazione così concepita può essere una minaccia alla democrazia, mettendo in discussione la stessa legittimità dell’ordine democratico e nonostante questo tali problematiche sembrano assenti dal dibattito pubblico.

Si è arrivati alla “privatocrazia” per una crisi di fiducia negli Stati e si è fatto ricorso a strategie di mercato che introducono elementi di competizione all’interno dell’amministrazione pubblica sulla base della presunta maggiore efficienza e migliore qualità.

Affrontando il tema del rapporto tra pubblico e privato da un punto di vista politico e non in termini di mera efficienza economica, Chiara Cordelli propone una riflessione sulla trasformazione dello Stato contemporaneo che dimostra come la tendenza a privatizzare comprometta la ragione fondamentale per la quale lo Stato democratico esiste.

L’autrice evidenzia inoltre come anche la filantropia possa diventare potere, laddove si conceda ad un privato di determinare i confini della nostra libertà (come avviene, ad esempio, con Zuckerberg, Gates e Besos).

La soluzione proposta è la “democratizzazione della burocrazia”: richiamandosi a Kant e a Rousseau (tra i quali individua una via di mezzo) occorrerebbe una burocrazia esperta e indipendente, aperta alla partecipazione attiva dei cittadini  (la “vigilanza civica”) e soggetta ad un controllo democratico dal basso.

Solo, infine, ponendo dei limiti costituzionali alla privatizzazione è possibile realizzare quello che l’autrice definisce l’ “autogoverno democratico”.

Il saggio di Chiara Cordelli offre un’analisi precisa e puntuale dei rischi connessi alla privatocrazia e, a differenza di molti suoi colleghi, non si limita ad evidenziare i diversi problemi ma ne propone la soluzione.

Recensione a cura di Roberto Codini

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