Una storia minima, una vita ordinaria, un uomo qualunque possono diventare un capolavoro nelle mani di un narratore?
Si, accade con John Williams e il suo romanzo “Stoner”, scritto nel 1965 ma diventato un grande successo negli Stati Uniti solo con la ristampa del 2003 grazie a quel fenomeno imperscrutabile che è il passaparola. Il fascino indiscutibile di questo libro sta nel raccontare quel tipo d’uomo che di solito la letteratura ignora, distante com’è dall’essere un eroe o un superuomo. Piuttosto Stoner (l’autore non lo chiama mai William) è l’uomo medio, che nei meccanismi della normalità e del “minimo” riesce a trovare la forma della sua esistenza.
Da questo punto di vista quella di Stoner è la storia perfetta, dove non accede mai nulla di straordinario, scandita com’è da fatti banali e da una quotidianità prevedibile, sullo sfondo di una geografia limitata ad un angolo dell’America rurale dove il protagonista è nato. Il riscatto di Stoner dalle sue origini contadine avviene attraverso lo studio, che lo porterà a diventare docente universitario e a inserirsi faticosamente in ambiente che non dimostrerà di comprenderlo e apprezzarlo. Stesso destino fallimentare avranno le relazioni sentimentali con le sue donne, siano esse la madre, la moglie, l’amante o la figlia. Stoner, uomo misurato e abitudinario, sprovvisto di grandi ambizioni come di passioni trascinanti, non cerca di cambiare il suo destino, ma si accomoda meglio che può nella vita che gli è capitata.
L’assenza di fatti eclatanti, dunque, rende miracoloso l’effetto d’insieme di questa storia che riesce ad appassionare contro ogni previsione. La lingua con cui è narrata è altrettanto miracolosa, precisa nel descrivere i dettagli, accurata nel togliere dall’ombra fatti e emozioni, nel far risuonare il silenzio che circoscrive la vita di Stoner. L’affetto e la sensibilità con cui l’autore guarda il suo personaggio è tale contagiare anche il lettore. È impossibile non amare Stoner, provare simpatia per lui e persino commozione. Alla fine della lettura è difficile lasciare andare Stoner. Stoner è Stoner, non è uguale a nessun altro. E resta lo stato di grazia di una storia semplice che riesce a sollevare interrogativi profondi e universali.
Recensione a cura di Marina Marinelli