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Lo scenario è quello della campagna piemontese, dove alcune famiglie durante la Seconda guerra mondiale sono costrette a sfollare. Tra queste ci sono quella di Giulia e Stefano e di Ada e Paolo, intellettuale-partigiano e malato d’asma, nascosto e a volte quasi sepolto nella piccola casa di tetto murato. «Tetto» è il nome che nel Cuneese viene dato a un piccolo agglomerato rurale. Tetto Murato, in particolare, è il toponimo di un gruppo di case coloniche, che forma un unico blocco abitativo per più famiglie. L’ambientazione potrebbe far presagire ad una storia di guerra e di resistenza invece come lo stesso Montale ebbe a scrivere “non è una cronaca di guerra, questa; né può dirsi che la Romano indulga a un’accademia resistenziale.

Tutti coloro che hanno conosciuto l’agonia di certe ore e stagioni che parevano rovesciare o sospendere ogni norma della nostra vita consueta sanno che da simili esperienze si esce (quando si possa uscirne) consapevoli di qualche verità fino a quel tempo insospettata. Nel caso di Tetto Murato questa verità è, se si vuole, l’amore; non però l’amore terreno, di esseri in carne ed ossa, bensì l’amore intellettuale della vita, delle sue contraddizioni e ambiguità, e della sua inesplicabile dignità. Un quasi sacrale amor vitae è il dono di Ada: il dono che i quattro personaggi del libro porteranno con sé quando il pericolo sarà scomparso e le due coppie si divideranno per sempre”.

Il libro è molto piacevole nel raccontare la vita, i sentimenti e le esperienze di questi quattro protagonisti in una cornice di campagna ed in un periodo storico molto difficile, che, per alcuni aspetti, potrebbe ricordare quello che noi tutti stiamo vivendo in questo terribile 2020.”

Stefano Sorrentino